ANDREA BARAVALLE, IL FOTOGRAFO NOMADE Di Barbara Silbe

Viaggiare è più entusiasmante di qualsiasi sogno noi si possa fare. E ci rende modesti, diceva Gustave Flaubert, perché mostra quale piccolo posto ognuno di noi occupa nel mondo. Si viaggia per perdersi e per poi ritrovarsi, per stupirci e tornare ingenui, per innamorarci ogni volta uscendo dalla nostra zona di comfort andando a incontrare gli altri. Ed è questo che da molti anni fa Andrea Baravalle, instancabile viaggiatore prima ancora che fotografo, che da qualche tempo guarda le varie umanità sul suo cammino anche attraverso la lente di un obiettivo o due, forse qualcuno in più se frughiamo bene nel suo bagaglio. Come per Jack Kerouac, per lui la strada è la vita e ha intenzione di farne ancora parecchia.
Gira i cinque continenti da quando era poco più che bambino. Una volta adulto, ha intrapreso avventure spesso in solitaria, recandosi in Paesi sconsigliati ai turisti più superficiali, rischiando la prigione e guai di svariata natura, mosso dal desiderio di conoscenza e incontro. I ritratti che negli anni si sono impressi sul sensore delle sue fotocamere, analogiche o digitali, che lo hanno accompagnato a ogni latitudine, sono come interviste non verbali che ogni volto sconosciuto gli regala, storie personali, confidenze innescate dalla sua naturale empatia di uomo puro e incorrotto. Usa la fotografia come strumento di osservazione e scambio emozionale. Gli occhi parlano: i suoi, di autore autodidatta entusiasta di questo mezzo che è per lui scoperta continua e complessa; quelli delle persone che si è trovato di fronte, scevre da diffidenza, accoglienti, schiette.
Talmente esperto di esplorazioni da aprire qualche anno fa anche un tour operator a Milano, Andrea si prepara scrupolosamente per ogni spostamento che ed è mosso prettamente dal bisogno di entrare in contatto con culture lontane, anche in zone di conflitto. Di questo si compone oggi il suo vasto archivio di immagini quasi esclusivamente a colori, un compendio di esperienze e sperimentazioni vis-à-vis con i suoi soggetti. Non si colloca né come reporter né come fotografo di viaggio, lo definirei più un antropologo con la fotocamera al collo, aperto alla diversità e alla bellezza. Proprio come sostenne il grande scrittore francese inventore di Madame Bovary, Andrea è diventato un uomo modesto, che tiene perennemente in tasca un progetto lontano, in mano una cartina geografica e che non sempre ha la percezione del suo valore umano e professionale.

 

Note biografiche
Andrea Baravalle (Alessandria, 1964) vive e lavora a Milano da circa 40 anni.
Avvocato civilista, penalista e Patrocinante in Cassazione, è abituato viaggiare fin da bambino. Mentre si trova a Singapore, appena quindicenne assiste in tv all’invasione dell’Afghanistan da parte dei Sovietici che oltrepassano con i propri tank il fiume Amu- Darhia. Da quel tragico episodio nascerà in lui il profondo desiderio di visitare l’Afghanistan.
È stato istruttore di vela e ha vinto numerosi trofei in diverse classi agonistiche di questa disciplina, per dedicarsi poi alla carriera di indossatore che contribuirà a fargli girare il mondo fino a quando rileverà il 49% delle quote di una nota agenzia internazionale di fotomodelle milanese.
Nel 2004 si trasferisce a Bali per buona parte del tempo e apre in Italia un negozio di arte e antichità orientali, pur continuando a esercitare la professione di avvocato, e continua a collezionare viaggi che intraprende spesso in solitaria. È stato 28 volte in India, 5 in Nepal, 4 in Australia, poi Giordania, Israele, Mongolia, Zaire, Rwanda l’anno prima del genocidio. Verrà arrestato per aver scattato foto in un mercato a Goma, in Congo. Prende spunto dal libro di Tiziano Terzani “Un indovino mi disse” per attraversare l’Asia Centrale senza mai prendere un aereo. Va in India, Pakistan, percorre la Karakhorum Highway, poi in Cina, Regione Autonoma degli Uyghur di religione islamica, Kyrgyzstan, Kazakzstan, Uzbekzstan e Iran, Paese che lascerà il giorno prima del crollo delle Torri Gemelle.
Nel 2002 attraversa da solo tutto il Sud America, compresa l’Amazzonia, e sviluppa la sua passione per la fotografia e per i primi piani delle persone che incontra. Dopo la partecipazione al suo primo Kumbh-Mela (poi altri tre nel corso degli anni), nel giugno 2004 tiene la sua prima mostra fotografica dal titolo “Magie e volti del Kumbh-Mela” ospitata all’Executive Lounge di Milano.
Al suo attivo anche decine di viaggi in Indonesia, Malesia, Vietnam, Laos, Cambogia, Myanmar e la parte indonesiana di Papua Nuova Guinea, la cosiddetta “wild Irjan Jaya”. Poi il sud dell’Africa, di nuovo Pakistan, Kuwait, Saudi Arabia, Mauritius, Madagascar, Reunion. Nel maggio 2022 si reca in Ukraina per portare aiuti umanitari durante la guerra. Avendo con se solo accrediti stampa falsi, viene arrestato sulla strada Odessa/Kiyv. Accusato di essere una spia britannica o americana, viene picchiato, sbattuto in prigione, infine rilasciato e invitato a tornare in Italia. Rientrerà nel Paese attraverso la Transnistria. La sua prima, agognata volta (molto pericolosa) in Afghanistan è nel 2006, dove tornerà nel 2023 (sotto il potere dei Talebani), poi Irak, Kurdistan Irakeno, Sirya, Kurdistan siriano a pochi chilometri dai ribelli dell’Isis o, come lo chiamano lì, Daesh, poi Libano e Qatar.
Dopo aver lavorato per un tour operator online ed essere stato consulente del portale “Asia Centrale”, nell’agosto 2018 Andrea realizza il suo sogno di fondare un proprio tour operator, che oggi ha sede a Milano centro.

 

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Photographer:
Andrea Baravalle
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Interview by:
Barbara Silbe