DOROTHEA LANGE LANGE 15.05.2025 – 19.10.2025
MILANO
MUSEO DIOCESANO CARLO MARIA MARTINI
In collaborazione con CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia
DOROTHEA LANGE
15 maggio – 19 ottobre 2025
A cura di Walter Guadagnini e Monica Poggi
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A 130 anni dalla nascita, il Museo Diocesano di Milano racconta l’apice della carriera di Dorothea Lange, quando tra gli anni ‘30 e ’40 la fotografa americana testimoniò l’attualità drammatica degli Stati Uniti.
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Dalla condizione dei lavoratori agricoli alla schiavitù, fino alla segregazione della popolazione giapponese in seguito all’attacco di Pearl Harbour, 140 scatti ripercorrono le contraddizioni di un Paese in difficoltà.
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Con il coraggio della reporter e la sensibilità della ritrattista, Lange riuscì a portare l’esperienza del singolo e il dolore collettivo di tante comunità all’attenzione di tutto il mondo, fornendo spunti di riflessione su temi come la povertà, la crisi climatica, le migrazioni e le discriminazioni al giorno d’oggi ancora validi.
“Torna l’appuntamento estivo del Museo Diocesano con la grande fotografia – dichiara la direttrice Nadia Righi – con una mostra che, attraverso l’opera di una straordinaria fotografa americana del Novecento, suggerisce qualcosa all’uomo di oggi. I temi toccati da Dorothea Lange nei suoi scatti sono di estrema attualità: la povertà, il fenomeno delle migrazioni, la dignità dell’uomo, l’esigenza di giustizia, il coraggio di lottare per cambiare ciò che è sbagliato e ingiusto. Con delicatezza e decisione Dorothea racconta una parte poco nota della storia americana, attraverso gli sguardi delle persone. Di fronte a queste immagini siamo chiamati a interrogarci su ciò che oggi ciascuno di noi possa fare per costruire un mondo migliore”.
“L’importanza di Dorothea Lange – dichiarano i curatori Walter Guadagnini e Monica Poggi – è centrale nella storia della fotografia, anche per la sua capacità di raccontare la tragedia umana attraverso un raffinato senso estetico, che oggi ci permette di considerare il suo lavoro sia sotto il profilo documentario che artistico. Le sue immagini continuano a colpirci per la sensibilità con cui riesce a ritrarre esperienze individuali, elevandole a una lettura universale della condizione umana e della sua fragilità”.
Il percorso ha inizio tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento, quando la Lange si fa testimone cruciale di alcuni degli eventi epocali che avrebbero modificato l’assetto economico e sociale degli Stati Uniti, su tutti il crollo di Wall Street, e che la spingono ad abbandonare il mestiere di ritrattista per documentare l’attualità.
Tra questi c’è il viaggio che nel 1935 intraprende con l’economista Paul S. Taylor, che sposa alcuni anni dopo, per raccontare le drammatiche condizioni di vita in cui versano i lavoratori del settore agricolo delle aree centrali del Paese, colpito dal 1931 al 1939 da una dura siccità, il fenomeno delle Dust Bowl, le ripetute tempeste di sabbia raccontate anche da John Steinbeck nel romanzo Furore (1939) e nella sua versione cinematografica di John Ford (1940), ispiratosi proprio alle fotografie scattate da Lange.
L’adesione al programma governativo Farm Security Administration, nato con lo scopo di promuovere le politiche del New Deal, consente a Lange di viaggiare per gli Stati Uniti e raccontare i luoghi e i volti della povertà. Dalle piantagioni di piselli della California a quelle di cotone degli Stati del Sud, dove la segregazione razziale genera forme di sfruttamento particolarmente degradanti, Lange realizza migliaia di scatti, raccogliendo storie e racconti riportati nelle dettagliate didascalie che accompagnano le opere. È il contesto in cui nasce Migrant Mother, il ritratto di una giovane madre disperata che vive con i sette figli in un accampamento di tende e auto dismesse, immagine che diventerà poi iconica.
Un altro importante nucleo di scatti di cui si compone la mostra risale agli anni della Seconda Guerra Mondiale, che per gli Stati Uniti inizia nel 1941 con il bombardamento giapponese di Pearl Harbor, ed è dedicato proprio alla popolazione americana di origine giapponese internata in campi di prigionia dal governo americano a seguito dell’entrata in guerra.
Anche in questo caso Lange lavora su incarico del governo, nonostante lei e il marito abbiano espresso pubblicamente il proprio dissenso: i suoi scatti documentano l’assurdità di una legge razziale e discriminatoria e di come questa abbia stravolto la vita di migliaia di persone ben inserite nella società, costringendole ad abbandonare le proprie case e le proprie attività.
Attraverso le sue eccelse qualità di reporter e ritrattista, Lange riesce ad affrontare contesti complessi e drammatici, raccontando le esperienze personali e il vissuto emotivo di ogni persona incontrata lungo il percorso, evidenziando al tempo stesso come le scelte politiche e le condizioni ambientali possano ripercuotersi sulla vita dei singoli e cambiarne drasticamente le esistenze, fornendo ancora oggi spunti di riflessione su temi come la povertà, la crisi climatica, le migrazioni e le discriminazioni.
L’esposizione è organizzata in collaborazione con CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, sponsor eni e FNM, con il sostegno di Fondazione Banca Popolare di Milano e Mapei, travel partner Trenord.
BIOGRAFIA
Dorothea Lange (Hoboken, 1895 – San Francisco, 1965) si avvicina alla fotografia nel 1915, imparandone la tecnica grazie ai corsi di Clarence H. White alla Columbia University. Nel 1919 apre il proprio studio di ritrattistica a San Francisco, attività che abbandona negli anni Trenta per dedicarsi a una ricerca di impronta sociale e a documentare gli effetti della Grande Depressione. Fra il 1931 e il 1933 compie diversi viaggi nello Utah, in Nevada e in Arizona. Nel 1935 si unisce alla Farm Security Administration (FSA). All’interno di questo progetto epocale realizza alcuni dei suoi scatti più famosi, nonostante alcuni contrasti con Roy Stryker (a capo della divisione di informazione della FSA) in merito alle proprie scelte stilistiche. Nel 1941 ottiene un Guggenheim Fellowship (un importante riconoscimento concesso ogni anno, dal 1925, dalla statunitense John Simon Guggenheim Memorial Foundation a chi ha dimostrato capacità eccezionali nella produzione culturale o eccezionali capacità creative nelle arti). All’inizio degli anni Cinquanta si unisce alla redazione di Life e si dedica all’insegnamento presso l’Art Institute di San Francisco. Muore nel 1965, a pochi mesi dall’inaugurazione dell’importante mostra che stava preparando al Museum of Modern Art di New York. Fra le esposizioni più recenti si ricordano “Politics of Seeing” al Jeu de Paume di Parigi nel 2018 e Words & Pictures al MoMA nel 2020.
Milano, 13 maggio 2025
Dorothea Lange
A cura di Walter Guadagnini e Monica Poggi
Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini
Fino al 19 ottobre 2025
Catalogo Dario Cimorelli Editore
INFORMAZIONI
Museo Diocesano Carlo Maria Martini (Piazza Sant’Eustorgio 3 –MM Vetra – 20122 Milano)
CONTATTI: T +39 02 89420019; www.chiostrisanteustorgio.it
SOCIAL
FB @MuseoDiocesanoMilano IG @museodiocesanomilano
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UFFICIO STAMPA MUSEO DIOCESANO
Anna Defrancesco comunicazione
www.annadefrancesco.com
Migrant mother Migrant mother
La protagonista di questo celebre scatto, Florence Owens Thompson, è immobile di fronte all’obiettivo, mentre il figlio che tiene in braccio dorme e gli altri due si appoggiano alle sue spalle dando la schiena alla fotografa. La posa e l’inquadratura potrebbero alludere all’iconografia della Madonna con Bambino e, forse anche per questo motivo, è diventata una delle immagini più famose al mondo. Si tratta dello scatto più noto di una serie che vede protagonista la stessa Florence. “Seguii l’istinto, non la ragione; entrai in quell’accampamento bagnato e fradicio e parcheggiai la mia auto come un piccione viaggiatore. Vidi e mi avvicinai a questa madre affamata e disperata, come attratta da una calamita. Non ricordo come le spiegai la mia presenza o del perché avessi una macchina fotografica, ma ricordo che non mi fece domande. Ho fatto cinque esposizioni, avvicinandomi sempre di più dalla stessa direzione. Non le chiesi il suo nome o la sua storia. Mi disse la sua età: aveva trentadue anni. Mi disse che sopravvivevano mangiando le verdure congelate dei campi circostanti e gli uccelli che i bambini uccidevano. Aveva appena venduto le gomme della sua auto per comprare del cibo. Se ne stava seduta in quella tenda a casetta, con i suoi figli accalcati intorno a lei, e sembrava sapere che le mie foto avrebbero potuto aiutarla, e così lei ha aiutato me.”
Dorothea Lange, “Popular Photography”, febbraio 1960