MR & MRS CLARK – OSSIE CLARK AND CELIA BIRTWELL FASHION AND PRINTS 1965-74
Un progetto condiviso tra il Museo del Tessuto di Prato e la Fondazione Sozzani ha prodotto una mostra e un catalogo imperdibili per chi vuole conoscere e approfondire la storia di Ossie Clark e Celia Birtwell, magica coppia creativa inglese, targata anni ’70. Mr & Mrs Clark, FASHION AND PRINTS 1965-74, fino al 10 aprile in Fondazione, racconta magistralmente l’abilità nel disegno di Celia, che sviluppava le stampe ispirate alla natura e alle avanguardie artistiche, mentre Ossie con la sua abilità nei tagli e nella modellistica dava vita ad abiti sensuali e femminili. La loro unione è stata immortalata da David Hockney nel celebre dipinto Mr and Mrs Clark and Percy, (realizzato tra il 1970-71, conservato alla Tate Britain di Londra), che rappresenta non solo un ritratto di due stilisti, ma anche un manifesto di una nuova classe creativa tra arte e moda. Una genialità che il curatore Federico Poletti spiega così: “Per la prima volta, sia in mostra, sia nel catalogo, il lavoro di Celia Birtwell e Ossie Clark viene presentato insieme, perché le forme e i tagli di Ossie non avrebbero avuto lo stesso impatto senza le stampe di Celia. Grazie a lunghe ricerche abbiamo recuperato materiali rari e di grande valore storico-artistico, realizzando una mostra unica che vede 30 abiti iconici del loro momento di massima notorietà (1965-74), sette preziosi taccuini di Ossie e Celia, numerosi i disegni inediti, editoriali scattati da importanti fotografi internazionali, oltre a rari memorabilia, fino ai video con le incredibili performance/sfilate di moda di Ossie Clark”. Il percorso si apre con la foto che vede Celia e Ossie abbracciati, un ritratto emozionante scattato dall’amico Norman Bain (1967), che sintetizza il loro connubio professionale e personale. Protagonista di questa prima sala è la grande proiezione con la video intervista a Celia Birtwell (classe 2 gennaio 1941, ancora attiva come textile designer) che racconta del primo incontro con Ossie al Royal College of Art di Manchester, complice l’amico e artista Mo McDermott, tramite cui Celia conoscerà anche David Hockney. E poi la collaborazione con Alice Pollock e il periodo di Quorum, boutique e punto di incontro di artisti e musicisti (da David Bailey, Rudolph Nureyev, David Gilmore dei Pink Floyd) fino alle incredibili performance con le modelle e muse Pattie Boyd e Amanda Lear. Racconta la stessa Celia Birtwell nel video: “Ossie avrebbe potuto essere un architetto. Era bravissimo a creare forme tridimensionali, cosa che io non sono mai riuscita a fare. Io creo disegni piatti e lui riusciva a creare forme e volumi, che credo sia un talento che io non ho. Questo è stato un grande connubio tra due idee. Ossie riusciva a incapsulare i miei disegni fantasiosi e renderli reali… Ossie è stato forse il primo a mettere la musica in una sfilata di moda, coinvolgendo modelle di diverse etnie, persone interessanti da ogni dove, che danzavano durante lo show. Un fenomeno multiculturale per l’epoca che ha dato il via a un intero movimento”. L’esposizione, un vero tuffo nella moda e nelle creatività senza tempo e senza confini, sviluppa e valorizza un importante nucleo di abiti disegnati dallo stilista londinese e provenienti dalla preziosa collezione di Massimo Cantini Parrini, celebre e pluripremiato costumista. A quel nucleo iniziale di abiti, le ricerche di Federico Poletti hanno aggiunto materiali inediti, provenienti dalla collezione privata di Lauren Lepire a Los Angeles, e dagli archivi di Celia Birtwell e dalla famiglia Clark. Dopo il doppio percorso su Ossie e Celia, si entra nel cuore della mostra con la scenografica esposizione dei 40 look disposti su pedane in ordine cronologico, dal primo abito a pois del 1965 per arrivare alle creazioni del 1974, data che segna la loro ultima collezione: da quel momento le strade di Ossie e Celia si dividono per continuare in modo autonomo. Sono stati selezionati i capi con i pattern divenuti cult, dalla Lamborghini Suit del ’69 e il completo di ispirazione orientale (1968) indossato da Amanda Lear, il mini dress aeroplane ( del 1969 e fotografato da Jim Lee) e quello con stampa Monkey Puzzle, ispirato dai tappeti medievali; diversi gli abiti fluidi in chiffon con le stampe Candy flowers e Mystic Daisy (1970), Tulips (1972), tra cui anche i modelli con taglio a sbieco e l’abito floreale realizzato con la tecnica della stampa a riserva. Non mancano inoltre gli abiti con decorazione più astratta e geometrica, come quelli ispirati all’avanguardia russa e Kandinsky (1974) passando per i modelli dove è protagonista il color block, come il celebre abito semaforo-traffic light (1972) e altre creazioni della linea Ossie Clark/for Radley, che presentano solo stampe nella parte superiore. Una rassegna davvero completa per comprendere lo stile, i materiali e la tecnica sviluppata da Ossie e Celia in questo cruciale decennio. Completano la sala i tavoli sospesi dove si possono vedere una serie di numeri di Vogue, che testimoniano il successo del brand, oltre alla grande proiezione con i video dei loro fashion show, come quello al Royal Court Theatre nel 1971 con il contributo musicale di David Gilmour, uno dei fondatori dei Pink Floyd. Ultima parte da scoprire di questo ricco itinerario è il guardaroba che comprende 10 abiti di carta e rappresenta l’espressione perfetta di quel senso di rinnovamento culturale e sociale che incalzava negli anni Sessanta e che divenne un fenomeno di massa che si diffuse negli Stati Uniti d’America e in Europa.