Paolo Turina by Mariateresa Cerretelli

Paolo Turina, torinese di nascita e milanese d’adozione, Fashion editor e Stylist, la sua maestria è riconosciuta a livello internazionale e si fonda in una passione viscerale per la moda che l’ha portato, a partire dagli anni 90, a svolgere questa professione. Come lo definisce Maximilian Linz, alla guida di un’agenzia di Pubbliche Relazioni e Ufficio Stampa del settore Moda e talent scout di giovani e talentuosi designer: “Turina è un super fashion Stylist perché la sua genialità spiccata, lo porta a metterci del suo senza mai alterare le collezioni”. 

Come definisce la sua professione?

“Non è così facile definirla perché si modula attraverso varie attività, dalle sfilate, agli editoriali o alle consulenze per clienti, da un punto di vista commerciale. Non so davvero quale sia il risultato che alla fine cerco. Quello che so è che cerco sempre di metterci del mio, di caratterizzare la moda con il mio gusto. Ho collaborato anche all’estero sempre a livello di stylist e in questo caso c’è un lungo lavoro che parte dalla scelta dei colori e dei tessuti, poi si deve seguire tutta la crescita e la nascita di un progetto che si concluderà con la sfilata”.

Avrà collezionato negli anni collaborazioni importanti in ambito nazionale e internazionale. Ne vuole citare qualcuna?

“La cosa che mi ha soddisfatto di più è avere lavorato con alcuni fotografi di fama mondiale e mi reputo estremamente fortunato. Per esempio Helmut Newton, Albert Watson, Mario Sorrenti e più di recente con Karim Sadli per citare alcuni nomi”. 

Ci parla del suo lavoro a livello editoriale?

“Tutto oggi ha una provenienza economica e anche i giornali hanno i loro clienti che devono essere fotografati. Non è pura arte e basta. Ci sono degli input sui nomi che si devono usare. Ma sulla base di questo, si deve inventare e creare una storia usando i vari brand segnalati dal giornale con altre cose che completano e arricchiscono tutto”.

Come è cambiato il mondo della moda secondo lei? 

“È molto meno influenzato dalla creatività e sempre di più da questioni economiche. E questo purtroppo a scapito della genialità e della qualità. E poi c’è da aggiungere che, al momento, le riviste di moda non interessano più a nessuno, cosa che per me è totalmente sbagliata. Una bella foto vista in un formato grande o a piena pagina su una rivista di moda non è certo la stessa cosa, vista in formato francobollo su Instagram, dove tra l’altro, ci viene presentata per qualche minuto e poi sparisce perché seguono decine di altri post e non ci ricordiamo neanche più che c’è stata. Forse anche per questa ragione la fotografia soffre dal punto di vista creativo ed è in crisi, perché non ci sono più immagini destinate a rimanere ma a passare nel giro di qualche minuto o per pochi secondi”.

La moda esprime anche un linguaggio di potere?

“Sicuramente ognuno cerca il proprio abbigliamento cercando di evidenziare e sottolineare alcune caratteristiche sia fisiche che psicologiche. E ognuno di noi fa delle scelte per diventare ciò che gli piace di più o ciò che gli serve di più. Gli abiti ci danno la possibilità di esprimere molto considerando quello che indossiamo. Bene o male, chi in modo più o meno consapevole, ma tutti lo facciamo”.

Cambia anche il pubblico e la sua percezione. Come riesce a captare questi sintomi e queste nuove oscillazioni?

“Non lo so. Non riesco a capire facilmente. È un periodo in cui tutto scorre molto veloce e non ci si basa più sulla qualità ma sul fare tanto e dimenticarlo subito. Non è il mio mondo, anche a costo di apparire legato al passato, ma una bella immagine riprodotta su una bella carta con un controllo attento della qualità di stampa non è paragonabile a un quadratino su uno smartphone.

Veniamo ai giovani. Come percepiscono il mondo della moda e cosa sognano?

“Cosa sognano non lo so. Hanno una grande carenza di cultura. Lo noto quando siamo in coda per entrare alle sfilate e si sentono dei commenti di giovani addetti ai lavori.  Sembrano osservazioni di persone che non sanno nulla e arrivano da mondi lontani dall’universo della moda. Se lavori in questo campo, devi sapere almeno le cose basilari! Invece non c’ è nemmeno questo. Mi è capitato di sentire due ragazzi, in fila per le sfilate, che non sapevano che Moschino era Franco Moschino e non un brand inventato da Jeremy Scott!”.

I giovani seguono troppo il mondo della moda su Instagram o gli Influencer ? 

“Forse è una situazione che coinvolge oggi tutti i mondi e le diverse professioni. La mancanza di informazione e di cultura è dominante. Non è un momento in cui la gente è particolarmente ben vestita, se si si vuole dire la verità. Da un po’ di anni a questa parte, la precedenza sono le felpe edition, super classiche e super comode, caratterizzate da un macro logo – me le metto anch’io – ma non sono l’espressione ideale della moda, sono prodotti di marketing per fare cassetto nei negozi. E per la maggior parte del tempo poi logate per sottolineare che brand si indossa, ma la moda non è quella. La moda sono i grandi creatori del passato fino al 2000. Il mondo della moda è cambiato e si è strutturato nei grandi gruppi e non c’è nemmeno più spazio per i nuovi nomi o per gli emergenti perché non puoi farcela, non puoi competere con i colossi”. 

Mariateresa Cerretelli

Photographer:
Alex Giacomelli @alexgiacomelli_official
Special thanks to:
Paolo Turina @iampaoloturina
Interview by:
Mariateresa Cerretelli @mariateresacerretelli