Alfred Drago Rens, the memories series
Io faccio opere dal volto semplice, a volte banale, per qualcuno addirittura insignificante, che nascondono però complicati labirinti da esplorare… e a quel punto apprezzare. Basta entrarci, dopo che l’amo del gioco tridimensionale ha fatto il suo dovere. Dietro un ritratto ce ne sono altri mille con altrettante storie, tra cui le mie. Dietro un fiore c’è il rispetto per una bellezza che spesso non riesco più a guardare, mi costringo alla contemplazione anche del più piccolo difetto per recuperare le forze che lo squallore del quotidiano mi ha tolto. Le piccole cose mi insegnano molto su come affrontare la vita. Dietro i colori c’è l’annullarmi nella ripetizione, l’assemblaggio, la stratificazione, il taglio, l’abbinamento, la precisione, l’attenzione, la concentrazione. Poi ci sono le pietre, più colorate o brillanti dei fiori, eterne e vive, nate dalla terra e da misteriose reazioni. Fette di agata. Minerali celati nel cuore di insignificanti uova grigie. Da bambino le raccoglievo in spiaggia o sui sentieri di montagna, piccoli reperti di un caccatiore di tesori, oggi li compro da mercanti esotici. Tutto ha una seconda chance, il volto, il fiore, il colore, la pietra, io. Basta l’attenzione o la curiosità o la voglia di cambiare angolazione. Nella ripetizione, nello strato, nel tempo, nella cura, nella dignità, nel recupero, nel gioco, nella partecipazione è il mio lavoro. Seriale e totemico. Ossessivo ed estetico. Ludico e nostalgico.
Piccolo vocabolario personale:
Paura: il tema dei temi. Cibo, muro, abisso, nemico. Ce l’ho sempre di fronte
Bellezza: arma, rifugio e risposta. Ce l’ho sempre dentro
Famiglia: formazione, racconto, radice, risorsa e freno. Ce l’ho sempre alle spalle
Colore: la prima forma di ribellione
Immagini: un modo di pensare
Fotografia: un mezzo (per raccontare)
Fiori: coraggio. Alla visita di leva se nel test scritto ammettevi che ti piacevano i fiori,
venivi pubblicamente e platealmente interpellato dallo psicologo.
A me piacciono i fiori. Devo essere un pervertito
Teatralità (ovvero maschere e costumi): il modo più facile per dire la verità
Orsacchiotto (illo): rifugio totemico
Totem: rassicurante semplificazione
Complessità: nutrimento
Ordine: un mezzo (per ritrovare concentrazione)
Collezionismo: memoria tangibile per menti sovraffollate che altrimenti dimenticano
Serialità: multivisione, curiosità e sfida
Libri: finestre
Volti: finestre
Persiane: per guardare senza essere visto
Domande: un’abitudine silenziosa
Racconto: spessore silente
Nudità: contatto con il celato
Mare: fuori dalla mia finestra di bambino
Vento: solitudine e forza del piccolo Werther
Malattia: ricatto emotivo
Trasformazione: crescita
Nascondere: un facile trucco per sembrare più interessanti
Diversità: una sfida, una palestra, un vantaggio
Passione: ciò che muove, speranza, medicina
Potere: leadership generativa
Denaro: un fraintendimento energetico
Corpo: un buffo alieno masochista che tenta di comunicare
“Alfred Drago vive e lavora a Milano dal 1988. La sua opera è prevalentemente incentrata sulla raccolta ossessiva, la catalogazione e l’elaborazione di immagini fotografiche legate a se stesso o alla propria famiglia di origine, prevalentemente attraverso la tecnica dello ziggurat: il tentativo di scavare, trovare, ricreare spessore con quanto rimane delle proprie verità.
A Milano è rappresentato dalla galleria L’affiche: