La grande corsa di Maximilian Linz / part two

by Giovanni Gastel Junior

 

“Io sono figlio del Plastic, nasco lì”, dice con un sorriso di gratitudine Linz. 

“C’eravamo tutti, lì in discoteca: Dean e Dan, Claudia Carretti, Filippo Biraghi, Oliviero Leti, Carla Otto, Andreina Longhi. Praticamente i protagonisti di un mondo che nasceva e di cui loro stavano creando i semi, delineando i confini, avendo un respiro creativo amplissimo. Non c’erano così tanti uffici di pubbliche relazioni come oggi, e non esistevano gli “interni”. Maximilian ammira Oliviero Leti, che possiede un ufficio stampa statuario ma anche trasversale e moderno che collabora con brand stranieri e di nicchia, distinguendosi dagli altri. Max si dichiara una fashion victim: vuole lavorare nella moda non per ambizioni legate alla carriera, ma perché è il suo sogno. Incontra finalmente Leti e poiché parla inglese viene preso da lui come stagista all’interno del suo staff. Leti rappresenta John Richmond, Lacroix, e alcuni marchi francesi emergenti. Successivamente si accaparrerà DSQUARED.

Ricordo quando ho conosciuto Oliviero Leti al Plastic: io volevo lavorare nella moda ma non sapevo cosa significasse operare in quell’ambito.
C’erano diversi apparati: l’ufficio stile, quello commerciale, ma per me era tutto sconosciuto. Leti mi propose di fare l’assistente per via delle lingue che parlavo, ed eccomi al colloquio in via Donizetti. Iniziai il giorno dopo! Per tre anni circa lavorai e imparai un alfabeto per me assolutamente nuovo e fantastico. Quando entro in uno showroom per la prima volta e vedo i vestiti, capisco immediatamente che quello è il mestiere che voglio fare. Per sempre!
Ho ancora la pelle d’oca, ora che ti racconto. Il primo mese lì è stato un disastro, ho rischiato  di essere licenziato. Poi ho capito come funzionava il lavoro e in tre, quattro mesi sono diventato il braccio destro. Quel mondo mi si è aperto di fronte agli occhi come una mappa di cui impari per magia a leggere perfettamente gli elementi; feci carriera rapidamente. Poi arrivano altri incontri cruciali: rivedo Dean e Dan dopo la prima sfilata di DSQUARED al Superstudio di via Tortona a Milano. Loro erano drag queen, sembravano le Kessler in una versione post-punk e discotecara”. L’inizio della loro fama e della fortuna viene proprio dalle serate in discoteca. Linz guarda in giro nella stanza, abbracciando una geometria di elementi invisibili, ha il fascino del regista teatrale, con il suo collo alto nero, e la giusta follia creativa di un designer. Aggiunge: “Sono del segno dei gemelli con  ascendente vergine, ratto dell’oroscopo cinese: questo insieme definisce un cotè abbastanza quadrato e rigido”.

Inizia dal Plastic una girandola di incontri che da ludici diventano lavorativi.
Qui Max ha il suo primo approccio concreto con i vestiti e con la moda. Percepisce  un’emozione irresistibile quando è all’interno dello showroom: da questo sommovimento che è cerebrale e viscerale al contempo rafforza la comprensione di essere in un universo che lo appassiona. Non senza difficoltà inizia ad affiancare Leti: in tre o quattro mesi ne diventa il braccio destro. Dopo un anno di lavoro, durante la sfilata di DSQUARED, rivede al Super Studio Dean & Dan, che conosceva dal Plastic. I due estroversi creativi nei primi anni Novanta  indossavano  abiti sgargianti ed eccentrici mentre ballavano in sincrono oppure organizzavano piccole sfilate giocose. Maximilian ne ammira il talento esuberante. Dean e Dan avevano un nutrito gruppo di conoscenti e amici americani come loro, che frequentavano i pochi locali dedicati in qualche modo agli stranieri. Facevano parte dell’avanguardia della moda, al pari degli stilisti di grandi maison come Prada e Moschino.

Dean & Dan si presentarono da Oliviero Leti per farsi rappresentare; qui incontrano Max che lavora nell’ ufficio stampa. Inizia la collaborazione tra Dsquared e Leti. La coppia era considerata con una sorta di moderata diffidenza, perché non avevano una preparazione artistica classica come fashion designer ma erano degli “stilisti rivoluzionari, ancora non del tutto compresi”. Avevano però dalla loro un grande slancio d’innovazione, una freschezza che mancava ai grandi marchi, Leti ne intuisce per primo il potenziale. Il brand del momento era Dolce & Gabbana: un’altra coppia di stilisti, che si collocava come punto di rottura, trasversale, nuova, innovativa. Ma avevano rispetto al duo americano una base di preparazione sartoriale più solida, più classica, perfino. In questo periodo di fine millennio si confermano Prada, Margiela, Jil Sander, sulla scena da un decennio.. Nel frattempo da Oliviero Leti le cose cambiano, come cambia la società e termina un sodalizio straordinario e fondamentale per Linz.

Si propone ad altri brand inviando cv ad Armani, Valentino, Donna Karan, tutti grandi marchi che avevano un ufficio stampa interno all’azienda, elemento importante di potenziamento delle relazioni.. È sempre il Plastic a creare sincronie: una sera incontra Dean & Dan, si confronta con loro, asserendo la rinnovata disponibilità. La coppia di stilisti riflette rapidamente: dopo qualche giorno formalizza per Maximilian  un contratto di collaborazione con Dsquared, in qualità di direttore della comunicazione. L’ufficio di Dsquared allora era un garage, uno spazio non convenzionale con un grande tavolo, un telefono e un fax in condivisione con il loro storico braccio destro. In questo contesto il progetto di creare un ufficio comunicazione-stampa all’interno della società era un progetto innovativo che poche grandi aziende avevano. Funziona.
Iniziano a fare sfilate al Superstudio, luogo cult che li vedrà imperversare per alcune stagioni. Max ha circa 23 anni. Come tutti coloro che hanno successo lavorando nel mondo della moda, Maximilian sembra aver accantonato inconsciamente l’invecchiamento, avendo la parvenza di un ragazzo che pare affrontare il tempo accrescendo esclusivamente la propria cultura, le esperienze, sbarazzino, elegante, fuori posa eppure sempre con stile.

 Sul finire degli anni ’90 vi fu un avvicendamento tra i fotografi italiani di maggior bravura e quelli internazionali, cambio incoraggiato da una visione internazionale proposta dalla direzione editoriale di Franca Sozzani. Accade che i fotografi italiani vengano affiancati e anche sostituti con fotografi stranieri, che resero la rivista più creativa e dal respiro cosmopolita. Tra i fotografi a esercitare lo scatto d’autore c’erano Steven Maisel, Koto Bolofo, Michel Comte, Peter Lindbergh, Philippe Cometti … Rimasero fondamentali però Giovanni Gastel, Gianpaolo Barbieri, Ferdinando Scianna, Oliviero Toscani, Stefano Babic. Ecco che la corsa di Linz intravede lunghezze e traguardi diversi da quelli della partenza. Cambiamenti epocali si avvicendano mentre lui osserva e supera gli ostacoli che si manifestano man mano davanti al suo passo.

Negli anni ‘80 e ‘90 le produzioni delle riviste cartacee erano molto ricche, era il momento di massima diffusione e l’investimento pubblicitario cresceva con tutto il resto. La realtà di oggi è molto diversa: si cercano strade per tenere il budget basso e i contenuti alti, si cercano collaboratori esterni piuttosto che assumere  giornalisti, e la materia carta sembra lasciare il posto al digitale, il contenuto diviene più importante del media, ma il nome vince sul contenuto, la brevità di un articolo vince sulla qualità come il gossip puro sopravanza una notizia, mentre la cronaca nera più infangante vince sul reportage mentre quella rosa batte nella sua leggerezza i temi sociali derivati dalle contestazioni degli anni ’70, che pure avevano animato il resto del secolo. In quell’epoca di fine millennio, Dsquared non viene preso in considerazione dalla stampa italiana e non viene pubblicato dall’Uomo Vogue, perché rappresenta un prodotto considerato troppo forte, presenta una rottura a cui si pensa che il pubblico non sia pronto. Si iniziava consapevolmente a vestire  il prodotto moda permettendosi di indossare anche solo singoli pezzi di un look insieme ad altri brand. Cosa che verrà in uso in un periodo successivo, e anzi andrà a caratterizzare tutti gli anni Novanta.

Maximilian lavora tanto come ufficio stampa e chief delle comunicazioni. Dsquared decide di veicolare il prodotto tramite stampa estera, che in quegli anni è estremamente fiorente, con magazines cartacei indipendenti che si rivolgono alla cultura gay e fashion addicted. Poteva sembrare un azzardo, ma nel corso degli anni successivi la loro scelta, dettata in modo naturale e senza inganno, pionieristica, si dimostra assolutamente vincente. È soprattutto la stampa estera – americana, inglese, francese e nord europea in generale – ad apprezzare il duo artistico canadese, con testate come Dutch Magazine, Attitude, Tetu. Questi magazine impazziscono per il prodotto DSQUARED e pubblicano lunghissime  pagine di editoriali, senza che abbiano una pianificazione economica del brand, che sembra investire solo sulle sfilate.

I modelli che ispiravano i Gemelli Caten erano i lavoratori della classe operaia americana, che per loro avevano qualcosa di intrinsecamente sexy. Questi manovali avevano proprio nella potenza del lavoro di braccia una forza virile che trascendeva l’abito, e che anzi lo rendeva erotico. Nella loro mente Dean e Dan hanno trasformato e innalzato i mestieri e le loro divise: ecco che l’operaio, il meccanico, il tagliaboschi, nel portare quella divisa diventano punti di riferimento della sensualità derivata dall’immaginario gay.  Nessuno l’aveva mai fatto prima. Nel 1989 moriva Mapplethorpe, il fotografo che aveva dedicato l’ispirazione della propria estetica proprio all’uomo militare, al marinaio, esaltandone la virilità e l’audacia, la forza e la bellezza. Sono, quelle che convergono nel lavoro di Dean e Dan, influenze che giungono marciando dalla strada e da luoghi di comunione marziali come le basi dell’esercito americano e le navi da guerra, dove il marinaio e il militare diventano stilemi che esaltano l’immaginario seduttivo femminile e al contempo gay. I due stilisti ottengono un grande successo anche nel mondo della comunicazione, con la stampa straniera che supporta fortemente la diffusione del brand. 

Accade però che le testate di moda italiane non capiscono a fondo questo stile così eccentrico e colorato poiché le redazioni affiancano quasi religiosamente lo stile minimalista degli anni ‘90 proposto dai marchi come Prada e Dolce & Gabbana. La moda minimalista degli anni ’90 si contrappone al colore irriverente ed esaltato in modo giocoso di Dsquared. Ma naturalmente i gemelli canadesi avevano avuto un’intuizione geniale, tanto che poco dopo questo stile pitturato e di rottura contaminerà tante collezioni giovani, tra cui gli importanti e fondamentali D&G, in Italia e poi il mondo intero. Per raccontare quell’epoca iridescente, che percorre le vie dei lasciti degli anni ’80 e dei ’90, tra colore, rivoluzioni di materiali innovativi, minimalismi e post pop, ricordiamo le riviste di moda italiane più iconiche e fertili: Vogue Italia con Franca Sozzani, Marie Claire con Antonella Antonelli, Amica con Emanuela Testori, per citare i direttori più forti e capaci nella gestione dei magazine moda italiana. Un brand molto amato da Dean & Dan era Gianni Versace, colorato, intenso, provocatorio, sopraffino. Donatella subentra nella gestione del marchio di famiglia riscuotendo un grande successo, forse perché come Gianni, è un‘icona lei stessa. 

Riprendendo la carriera di Max, nel 1998 lavora ancora da Dsquared e sempre con pochi mezzi organizzativi ed economici, facendo  praticamente tutto da solo. Nel 1999 Max decide di crescere autonomamente. In quell’anno, Maximilian Linz prende spunto dagli uffici di pubbliche relazioni parigini, creativi e visionari, con uno sguardo molto avanti rispetto all’ Italia che è più conservativa, meno coraggiosa. Costituisce il proprio ufficio stampa e di pubbliche relazioni per designer emergenti e marchi già noti. La base naturalmente è a Milano. In quegli anni Le grandi agenzie PR e gli uffici stampa lavorano solo con grosse aziende, italiane o straniere, che dispongono di maggiori risorse economiche: parliamo di Karla Otto, Studio Errani, Attila, Guitar. La scelta di avviare questo tipo di struttura da parte di Max nasce dalla sensazione che ci sia un’esigenza nel panorama della moda italiana di creare un ufficio di riferimento per i giovani. I ragazzi si muovono in modo confuso e senza grandi risorse economiche. Questa sarà la prima struttura milanese e italiana con queste caratteristiche, e lì approderanno grandi talenti. Con questo taglio inusuale, propositivo, generoso e visionario, arriva il grande successo che porterà Max a collaborare più in là con Camera della Moda, per esempio nella progettazione e organizzazione di eventi per giovani talenti. Lui ha un grande progetto di fashion scouting: la sua Fashion Hub estende la propria visione e il proprio mercato anche a Camera Moda Portogallo e Camera Moda Ungheria.

Oggi c’è molta più attenzione ai giovani talenti e più agenzie si contendono gli emergenti. Ma sono passati più di 20 anni dall’apertura della Maximilian Linz pubbliche relazioni. In quel periodo di assestamento e al contempo di invenzione, Dean e Dan irrompono in un oceano moda fatto di colossi e di tradizioni. Rompono le maree con onde nuove e rinnovati scafi, immettendo la propria creatività come uno tsunami. L’establishment giornalistico e stilistico, però, non è ancora pronto a questa rivoluzione, non la accoglie a braccia aperte, piuttosto con una stretta di mano sospettosa. Il loro stile, e il loro marchio, sovvertirà con colore e nuova concezione del vestire ogni corso d’acqua, che sia stagno o mare. Arriverà, quell’ondata di marea, a divertire e a ispirare tutti, con quel look sexy e giocoso, basico eppure ambizioso, tipico del sogno americano europeizzato. Il loro motto dice tutto: Fashion not fashion! È così che per esempio la camicia a scacchi sopra una t-shirt usata nel quotidiano dai ragazzi americani nell’epoca del grunge, viene istituzionalizzata nelle collezioni Dsquared, ispirate dall’uomo comune americano: il boscaiolo, il muratore, l’idraulico. All’inizio solo la stampa francese e UK li capiscono: piaceva il loro stile, ma non pensavano potesse avere quella forza rivoluzionaria: Dean e Dan erano futuristici, spaziali, come lo erano i contemporanei Nirvana. E dal vestirsi a strati essi propongono tessuti pregiati: da questa fusione arriva una delle loro innovazioni.

Era tutto cambiato dagli anni ’70, in cui riconoscevi un americano dal calzino bianco e dal maglione con la zip. In Italia la moda esiste da tempo immemore, da prima del 900, abbiamo una grande cultura nel vestirci. In America non c’era nulla di questo fino a che Dsquared intuisce una certa bellezza e sensualità in un individuo malvestito, provando a tradurre questo non sapersi vestire in Moda. Dopo aver fatto la Parson’s school a New York, il duo di gemelli assume una  street attitude che all’epoca non esisteva: dal web traggo queste frasi che raccontano: “… lo stile del marchio contemporaneo, con attenzione al fit e al rinnovamento dei capi di uso quotidiano attraverso tessuti e dettagli, diviene subito un’icona per il mercato giovanile di lusso”.

Torniamo a Maximilian e al suo cammino… Dal suo primo ufficio in via Arena, Maximilian assolda i primi designer: tra i rappresentati ci sono Andrew Mackenzie, per il quale organizza importanti sfilate al Superstudio, Bella Freud (pronipote di Sigmund Freud), Francesco Scognamiglio, Vivetta, Msgm. All’inizio, per promuovere il proprio nome, Linz usa clienti d’avanguardia su giornali d’avanguardia, proponendosi di innovare attraverso tecniche e canali poco più che underground. La sua visione peculiare della vita e della moda gli consente uno sguardo nuovo, innovatore, rinnovato, in cui convergono le passerelle e la vita reale, con cui non perde mai il contatto. Figlio del Minimalismo degli anni ’90, propone nuovi incroci, come quello tra case di moda ed editori. Tra i suoi rappresentati ci sono Mackenzie e Scognamiglio, tenendo alto nello sguardo la copertina di Donatella Versace su Vogue Italia di marzo 2022.

In quegli anni di inizio millennio, Maximilian inizia ad avere un buon feeling con la Camera della moda: sarà nel 2008 che questa sensazione diviene progetto, avendo sempre un’attenzione speciale nei confronti degli emergenti. Quando dice di “andare d’accordo con tutti” non fatico a crederci: la nostra chiacchierata sul suo percorso è una narrazione generosa e lontana dagli egocentrismi, costellata di caffè e sigarette. Da questa attitudine e dalla sua gentilezza ricavo elementi da applicare al suo viaggio. Egli stesso utilizza le difficoltà degli esordi, il cambio di continente, gli ostacoli economici e le differenze culturali non come scuse, ma come dei trampolini. Questo diviene una vera e propria attitudine, Max incarna la filosofia di apertura mentale dei pionieri, degli imprenditori, di chi guarda al nuovo senza smorfie, e anzi col sorriso di chi cerca l’oro sapendo che le mappe del tesoro non le abbiamo tutte noi. Richiama la propria attenzione al talento, che è sempre più interessante e prezioso dell’ambizione dei social climbers. 

Questi chilometri e questi anni di percorso che abbiamo raccontato rappresentano la corsa (a ostacoli) intrapresa da Maximilian Linz quando ha ammirato per la prima volta le camicie del padre, ancora in Brasile, da ragazzino. Di quello sguardo egli ha fatto un’avventura, di quegli occhi un brand, di quell’entusiasmo egli ha vestito il proprio avanzare, in un’Italia che è stata per lui al contempo difficoltà e benedizione-

Da quella passione così viscerale e autentica egli ha cominciato la propria corsa, tanti anni fa. Sta ancora marciando, Linz. 

Finché avrà gli occhi, il fegato, i polmoni e il cuore, la grinta e la bontà, il suo cammino sposterà sempre più in là il punto di arrivo. 

Questa è la grande corsa di Maximilian Linz.

Giovanni Gastel Junior per Popdam Magazine

Photographer:
Alex Giacomelli
Location:
Fashion HUB, ADI Design Museum, Milano
Special thanks to:
Camera Nazionale della Moda Italiana
Concept:
@Popdam_Magazine
Interview by:
Giovanni Gastel Junior per Popdam Magazine